mercoledì 1 dicembre 2010

Era già tutto previsto

era già tutto previsto
anche l'uomo che sceglievi
Ah, sì? E chi l'aveva previsto? La spiritata di tua madre? Branko? La profe di italiano delle medie? "Sceglievi", insomma... lei sarà andata via con uno più a suo agio nell'uso della lingua italiana, dai.
e il sorriso che gli fai
mentre ti sta portando via
PORTANDO VIA? Ma cos'è? Un sacco della spazzatura? Una bicicletta incustodita? Un'auto in doppia fila?
Ho previstio che sarei
restato solo in casa mia
Quello lì è un miracolo di padre Pio, eh. Better alone that in bad company. Cambia la serratura e vai ad accendere un cero di ringraziamento, dai retta.
e mi butto sopra il letto
ed abbraccio il tuo cuscino
Ma quando mai, fossi in te lo scioglierei nell'acido muriatico. Subito.
nell'amore
ma quale amore...
Appunto, ma quale amore? Stavi con una cretina che andando via ti ha salutato SORRIDENDO.
Anzi, secondo me non ti ha neanche salutato. Scusa se te lo dico, ma se fossi in grado di ragionare ti basterebbero dieci minuti per riprenderti, o anche meno.
E adessdo no, Riccardo, ti prego. Non attaccare con la solita lagna dei tuoi na na na...
E pensare che una volta ho sgridato un povero alunno solo perché aveva scritto due righe di ecc. per allungare il tema. Tu ci hai fatto i MILIONI con una cosa così, ma porca miseria.
Adesso mi iscrivo a fecebook , cerco il mio ex alunno e gli rivolgo delle pubbliche scuse, guarda!

giovedì 4 novembre 2010

La legge di Murphy applicata al mio bagno

Durante un black out delle mie facoltà mentali, ho preso l'insana decisione di rifare uno dei bagni di casa. Ho anche dato retta a un idraulico insolente che ha sentenziato:- Va rifatto tutto, cambiare solo le piastrelle sarebbe come mettere la cipra a una vecchia.
Ed ecco, dopo l'ordinazione, mi consegnano varie scatole; ma come recita l'inesorabile legge di Murphy: l'unico pezzo che la fabbrica non spedisce è quello su cui si regge il 75% degli altri (legge della confusione applicata). Manca una parte a incasso: l'idraulico si incassa moltissimo.
Corro dunque dal fornitore, che sta a una quindicina di chilometri, ma quando arrivo mi accorgo di avere le mani stranamente vuote: ho dimenticato la borsa.
Interpretando senza fatica la parte della deficiente, entro allora nel magazzino sperando di poter portare via gratis il pezzo che serve. La commessa mi scruta poco amichevolmente mentre cerco di convincerla che la mia aria svampita non è finta. Firmo un po' di carte, poi riparto con l'ansia che mi fermino i carabinieri (non ho soldi, patente, carta d'identità, cellulare, nulla). Vado pianissimo sentendomi una pregiudicata attesa a un posto di blocco e quando finalmente arrivo a casa faccio un'amara scoperta: l'idraulico è andato via. Riacciuffare un idraulico disperso è come calarsi nei panni di Will Coyote e riesco nell'intento solo dopo una serie di cadute nel vuoto.
I lavori dunque riprendono, peccato che nel mio cassetto non ci sia nemmeno una maglietta fina, potrebbe anche avere una sua utilità, magari per trattenere l'elettricista.
Intanto si presenta il pavimentista e mi dice:- Verrò a fare il lavoro sabato mattina, alle sette e mezza. Si sa che gli idraulici stanno a Bip Bip come i piastrellisti a Speedy Gonzales, per cui accetto con entusiasmo. Sì, però adesso chi informa il resto della famiglia di questo attentato al sacro riposo del sabato? La situazione è delicata, anche perché io sarò a scuola e gli occupanti della casa, non ultimi i gatti, hanno un pessimo rapporto con gli artigiani. Come minimo al mio ritorno nell'impolverata magione troverò un covo di serpenti a sonagli.
Mia nonna aveva proprio ragione, se vuoi augurare una cosa brutta a qualcuno non servono tanti discorsi, basta dire soltanto: Spero che ti vengano i muratori in casa.

venerdì 24 settembre 2010

Kamasutra

Due ragazze parlano di quanto sia rintronata la loro professoressa:
-Figurati che in classe stavamo parlando del tiramisù e lei ha detto: “E dopo averne presa una porzione enorme, non usate il coltello per il kamasutra“.
C’è stato un attimo di sbigottimento generale, mentre lei si correggeva: “Harakiri, volevo dire harakiri”.
-Ah ah, kamasutra, non saprà neanche cos’è.
-Ma quanto è scema.
-Harakiri, è un cibo giapponese, vero? Hanno il sushi, il sashimi e l’harakiri.
-Ma cosa dici! L’harakiri è uno sport.

(dialogo ascoltato realmente, su un autobus)

sabato 24 luglio 2010

Piano strategico

Cosa fai se trovi un gattino e vivi con un uomo che non è un gattofilo come te? Prepari un piano strategico, ordisci un complotto, insomma, qualcosa escogiti (in fondo, la regina dell’aspirapolvere e del mocio sei tu).
Giustificazioni da estrarre come assi dalla manica:
- il quadrupede che vedi sul divano è di peluche;
- sì, beh, in effetti si muove, ma non preoccuparti, è di un'amica; è partita per il giro del mondo, se il pallone aerostatico non avrà cedimenti, fra ottanta giorni verrà a riprenderselo;
- e ci pensi al risparmio di corrente se in autunno lo useremo come scaldasonno?
- sì, lo ammetto sto barando, la verità è un’altra: ho firmato un contratto con Discovery Channel che intende realizzare un documentario sull’effetto friseé della nebbia padana sul pelo dei felini.
Ovviamente, a quel punto, il padrone di casa assumerà un’aria contrariata, ma ti convinci che se ne farà una ragione. E in segno di riconoscenza gli regali una bella aureola ecocompatibile a pannelli solari, con le lucine intermittenti. Tornerà utile il prossimo Natale, anche perché, con la casa piena di gatti, fare l'albero non conviene: i felini troverebbero subito il sistema più veloce e disastroso per farlo crollare.

venerdì 25 giugno 2010

Scene dal mio matrimonio

Nei luoghi pubblici ho la tendenza a familiarizzare con altre donne; ecco uno dei dialoghi possibili, tra una sconosciuta e me, mentre siamo in coda per due etti di prosciutto:
- Sei single?
- No, vivo con Hal 9000.
- E chi sarebbe?
- Hai presente 2001 Odissea nello spazio? E’ quello che veglia i disgraziati ibernati sull’astronave. Veglia nel senso di… funebre perché li ha fatti fuori tutti e tre. Ma che sarà mai. Come si dice: morto un papa se ne fa un altro. E, qui in Italia, i papi non mancano.
- In effetti. E fisicamente com'è?
- Eh, no, questo non te lo posso dire, è una questione di privacy! Guarda non se ne può veramente più di queste intrusioni nel privato della gente per bene, ecco.
- Scusa, non credevo fosse un segreto di stato.
- Ma certo che lo è. E’ come se io ti chiedessi se metti l’aglio nelle polpette alla mortadella. Sono scelte personali, su.
- Ah...
- Posso darti soltanto un'informazione: vivo con uno che ha la mania di tenere il climatizzatore in modalità freezer.
- Povera.
- Proprio. Mi infilo la tuta da sci tutte le volte che vado sulla banchisa polare a rifare il letto. Naturalmente, appena si corica, lui lo disfa in un secondo agitandosi tra le lenzuola e implorando: "Ti sei ricordata di comprare i ghiaccioli?"
- E tu?
- Io non sono in grado di rispondere perché ho la mascella inchiodata da una paresi.

domenica 20 giugno 2010

Dietro la porta di casa mia

Dietro la porta di casa mia c’è un orologio che segna l’ora inesatta. Ci sono fusa di passi felpati tra i cuscini dei divani e quadri di tinte accese per dimenticare le nebbie dell’inverno. Ci sono voci di ragazzi, oggetti sparpagliati. Dietro la porta di casa mia ci sono lacrime nascoste dentro vecchie borsette e risate appese all’attaccapanni. Ci sono cartoline nelle pagine dei libri e chiavi inservibili sul fondo dei cassetti. Dietro la porta di casa mia ci sono malinconie cacciate nelle tasche dei grembiuli e foto di allegrie incorniciate. Ci sono suole consunte di passi camminati e carte stradali con direzioni nuove da trovare. Dietro la porta di casa mia non c’è nulla di diverso da quello che si potrebbe trovare suonando un altro campanello, ci sono stanze di vita quotidiana, dove si fa di tutto per far sentire bene accolte le persone che arrivano, in modo che non abbiano fretta di andarsene via.

giovedì 20 maggio 2010

Marina

Mi sono avvicinata a Marina per l’ultima volta, sul suo grembo c’era una rosa. Avrei voluto uscire in strada, prendere un fiore da un rampicante e posarlo sui suoi piedi, ma poi mi sono trattenuta; resterà uno dei tanti gesti mancati della mia vita. Ho guardato Marina attraverso il velo delle lacrime facendo i conti con una strana ribellione tranquilla, un misto di dolore e maledetto sollievo per la fine di una sofferenza dura. Mentre fissavo i suoi occhi chiusi, non ho fatto altro che vedermela davanti sorridente. Mille momenti felici vissuti con lei sono emersi da angoli in ombra della memoria e hanno occupato tutto lo spazio dei pensieri. In certe situazioni accantoni tutto il resto, come se il quotidiano non ti riguardasse nemmeno, ne hai bisogno.
La madre di Marina le ha preso le mani. Non so dove si trovi la forza per separarsi da mani tenute strette durante i primi passi, guidate mentre impugnavano una matita, sfiorate con gli occhi lucidi mentre tenevano per la prima volta un manubrio di bicicletta o il volante di un’auto.
Anche sua figlia Valeria le ha toccato le mani. Probabilmente è stata una suggestione, ma mi è sembrato che i suoi tratti avessero preso improvvisamente tutte le pieghe di quelli di sua madre. E negli occhi le ho letto la consapevolezza di dover cominciare a camminare per il mondo con la sola forza delle sue gambe. Siamo frecce scoccate da un arco; quello di Marina era l’arco di un amore profondo.
Ho abbracciato Cesare portandomi via l’eco di un sussurro commosso:- E adesso con chi litigherò in auto? Andando a casa, arrivato allo svincolo della tangenziale, ogni volta mi verrà in mente lei che mi fa il gesto di rallentare.
Varcando la soglia, che mi ha riportato nella luce forte del sole, ho pensato: che parte del corpo stupenda, le mani.
Non sprechiamo alcuna occasione di accarezzare e stringere chiunque cerchi il calore contenuto nella capacità intera del nostro affetto.

lunedì 10 maggio 2010

Ho rivisto E.

Ho riempito l’ultima borsa e l’ho posata nel carrello, ho pagato il conto con la testa occupata da qualche pensiero e poi mi sono diretta verso l’uscita. Quando si è assorti in qualche ragionamento muto ci si muove tra gli altri senza vederli e ho urtato una donna che avanzava verso di me. Mi ha guardata con un’espressione contratta e mentre balbettavo delle scuse imbarazzate ho riconosciuto la madre di E.
Le ho subito teso la mano salutandola con cordialità e lei ha accennato il sorriso che a volte mi era capitato di vederle dipinto sulla faccia: ha spostato all’insù un solo angolo della bocca. Mi ha fissato coi suoi occhi chiari, appannati da un passato di troppo dolore e mi ha stretto la mano in modo titubante, come se non le piacesse ricordarsi che conosco i buchi del suo passato.
Spostando lo sguardo ho visto anche suo figlio E., seduto su una panchina del centro commerciale. Gli sono andata incontro e ho provato l’impulso di abbracciarlo, ma mi squadrava con i suoi occhi di filo spinato, occhi di un adolescente con troppe ragioni per mostrarsi selvatico e distante.
Mi sono seduta vicino a lui. Mi si è stretto il cuore nel vederlo così poco cresciuto, il fisico macilento, l’abbigliamento trasandato di chi non ha soldi da spenderci. Me lo ricordo di un’intelligenza fuori dal comune, E.
Mi ricordo anche le difficoltà iniziali di inserimento nella classe, la diffidenza degli altri, la sua ribellione verso tutto, mista a una sorta di rassegnazione sofferta. Coi suoi pochi anni doveva farsi carico della fragilità di sua madre, alla quale era stato ricongiunto “in prova”.
Arrivato in terza elementare, era rimasto solo per un anno, perché poi avevano trovato casa altrove. Alla fine dell'anno scolastico affermava sicuro: "Verrò a scuola qui anche l'anno prossimo, anche se abiteremo in un altro paese mia mamma mi porterà con il motorino, me l'ha promesso". Si diceva sicuro che ci saremmo rivisti, purtroppo non era stato possibile.
Avrei voluto rimanere sulla panchina a parlare con lui senza fretta, sua madre però l’ha chiamato:“Dobbiamo andare”.
Gli ho stretto un braccio, gli ho detto:“Sono proprio felice di averti rivisto, in bocca al lupo per tutto”.
Mentre si allontava mi ha sorriso allo stesso modo di sua madre, con un angolo solo della bocca e con gli stessi occhi, dipinti di un grigio azzurro tendente al dolore.

lunedì 12 aprile 2010

Nodi

Apro la porta, entro in casa; penso che quest'estate ci sarà un gatto in meno sotto le nuvole delle ortensie e un po' piango. Poi leggo di vagoni appesi a una scarpata e mi vergogno. E' che mi lego ai felini con dei nodi stretti, fanno così anche i miei figli, gattari dentro.
Il vecchio che viene a prendere Micino per seppellirlo mi dice:- Sono proprio una tua passione, i gatti.
Dice così, senza condividerne il senso. Sempre che le passioni ne abbiano uno.
I gatti entrano furtivi nelle vite di chi li aspetta, la capacità di amore comprende le più disparate forme di affetto. Mi siedo sul gradino davanti alla porta della cucina e penso: arriverà un altro gatto, verrà a sapere del posto vacante nel mio giardino mezzo distrutto. E mi piacerà riconoscerlo e chiamarlo per nome, perché chi non li ama non lo sa, ma ognuno di questi animali, rispetto ai suoi simili, ha qualcosa di speciale e di diverso.

venerdì 2 aprile 2010

sms al destinatario sbagliato

Mando un sms a una certa Patrizia:
- Ciao, sono Cristina, quando passi a prendere il libro di tua sorella?
Però devo aver messo in memoria un altro numero perché mi arriva la risposta di un Amilcare o di un Guglielmo:
- Hai sbagliato.
Rispondo:
- Scusa e grazie di avermi avvisato.
Allora comincia una serie di:
- Ki 6? e Di dove 6?
Dal tipo di scrittura è più probabile che a digitare il messaggio non sia stato un Amilcare ma piuttosto un Mirko. Sarei quasi tentata di rispondere:
- Ciao, sono la cieca di Sorrento e con i telefoni ho una relazione piuttosto conflittuale. La settimana scorsa ho chiamato l’estetista e mi ha risposto la macelleria. Ieri invece, pensando di parlare con uno zio di Cortona, ho rivolto un garrulo “Buoncompleannozzzio!” a un carrozziere di Motta di Livenza. Senti, non è proprio il caso che tu perda del tempo con me. Anche perché, caro imberbe sconosciuto, ho un discreto numero di primavere.
Magari potrei farti sedere sulle mie ginocchia per raccontarti la favola di Pollicino, ma guarda che i pantaloni della mia tuta sono sempre decorati da qualche pelo di gatto.
Comunque, se proprio hai del tempo da spendere, avrei bisogno di due braccia forti per spostare la libreria. Dietro credo che ci sia una colonia di ragni con la corporatura di Platinette, ma senza parrucca. Se te la senti di fare l’uomo di fatica ho anche un piatto doccia da siliconare perché ho provato a telefonare all’idraulico, ma mi ha risposto la gelateria. E, già che ci sei, controlla tra gli attrezzi se hai un set di brugole e una chiave inglese, senza sottovalutare il riskio di trovarti davanti a una psikopatika perikolosa ke potrebbe utilizzarla per darla in testa a te.

lunedì 8 marzo 2010

Donne di lungo corso e non solo

Non è importante la cura con cui noi donne spazziamo le crepe del marciapiede, quello che conta è la profondità con la quale abbiamo deciso di vivere. Se ci portiamo qualche lustro sulle spalle ne siamo particolarmente consapevoli perché, oltre alla capacità di acquisire insegnamenti nuovi, ci appartiene una certa dose di saggezza.
Se siamo donne di lungo corso, forse ci risulta più facile essere affidabili e risolute, ma dalle donne più giovani attingiamo la capacità di continuare a essere spontanee e creative. E non dimentichiamoci mai che l’anima va nutrita di ogni piccola delizia portata dal quotidiano.
Perspicacia, schiettezza, compassione, tenerezza, pace, ci ricoprano tutte come un mantello; sotto nascondiamoci lunghe ali e l’ombra di un’intera foresta. E anche se abbiamo attraversato ferite e crolli, non smettiamo di essere capaci di partenze sempre nuove scegliendo solo quello che può rendere la nostra vita più grande e più profonda.
Usiamo gli anni che abbiamo per tracciare mappe del tesoro, indispensabili sia nelle distese di verde quanto nel deserto, e mettiamole a disposizione di chi amiamo.

Buon 8 marzo.

(riflessioni liberamente tratte dagli scritti di Clarissa Pinkola Estes)

venerdì 26 febbraio 2010

Insegnanti da rottamare

Vedo in fondo al corridoio il bidello nuovo e lo chiamo:- Giuseppe, per favore hai tempo di farmi una fotocopia di questo documento? Ah, dovresti farmi un altro piacere, puoi riportare questo libro in biblioteca? E poi, un’ultima cosa, controlla se stamattina ho firmato sul registro delle presenze, non me lo ricordo. Non mi ricordo mai niente. Grazie Giuseppe.

Bambini, quando entra o esce dalla classe, mi raccomando, ricordatevi sempre di salutare Giuseppe.
-Maestra…
-Cosa c’è?
-Il bidello si chiama Antonio.

lunedì 15 febbraio 2010

Annuso l'aria

Questa mattina ho aperto una finestra e ho annusato l’aria buia, fitta di nebbia. Mi piace infilare la testa nel mattino e accorgermi che sto respirando. Lo so che è una cosa stupida, perché stavo respirando anche prima, eppure non ci faccio mai caso abbastanza.
Poi sono uscita a nutrire i randagi, senza giacca; lo faccio sempre, anche in pieno inverno. Mi piace allungare una carezza a quelle schiene all’erta mentre il freddo mi ricorda il piacere che provo nell’essere viva. Siamo in febbraio e in questi giorni c’è una ricorrenza importante per me. Però non so dire quale sia il giorno esatto perché detesto gli anniversari di scadenze obbligate, preferisco le scadenze più o meno, senza timbri che facciano fede.
Da piccola leggevo e rileggevo Alice nel paese delle meraviglie proprio per il non compleanno e l’orologiaio matto: personaggi stravaganti in un tempo pazzo e indefinito. Non è che la vita sia tanto diversa, e forse non fa male inseguire una lepre marzolina o la coda di uno stregatto.
Sorrido alla fortuna di essere qui, festeggio con pensieri grati un anniversario di febbraio senza cerchio sul giorno del calendario.

sabato 6 febbraio 2010

Il cobra non è un serpente

Sul canale National Geographic un tizio cerca di avere un rendez vous con una vipera del Gabon. Il demente si muove nella giungla vantandosi di non usare repellenti per gli insetti, potrebbero disturbare i serpenti.
L’appassionato di ofidi continua a rovistare tra i cespugli, ma senza esito. Decide perciò di tornare sul posto di notte, dato che al buio la pelle dei serpenti brilla. E pensare che di notte ci sono persone che escono per veder brillare le stelle, gente che sa vivere solo di banalità.
Comunque i serpenti non si fanno vedere, probabilmente stanno guardando Incantesimo. Salta fuori giusto un ragno grosso come un’antilope, però non se lo fila nessuno.
Improvvisamente si mette a piovere a scrosci. Che meraviglia. Il cretino avanza fradicio ed entusiasta in compagnia dei suoi bubboni; i tafani infatti l’hanno distrutto al grido di: pancia mia fatti capanna. Il disgraziato è talmente felice che ha dimenticato perfino l’ex fidanzata (lei l’ha lasciato per un postino che le recapitava plichi cantando “Il cobra non è un serpente”).
Ed eccola finalmente la vipera del Gabon! Ha il corpo grosso come la camera d’aria della ruota di un tir e la sua testa è uno skateboard. Il deficiente esulta:- Questo è il giorno più bello della mia vita.
Sprizza gioia da tutti i pori mentre fa schizzare il veleno del rettile in una specie di contenitore per le urine, si spera non usato. Poi, con la destrezza di Babbo Natale, mette la biscia XXL in un sacco e spiega ai rapiti telespettatori cosa si può darle da mangiare (nel caso ne uscisse una dal tombino davanti a casa nostra?). Apprendo che la vipera africana mangia ratti, scimmie e antilopi; i ragni no, le fanno troppo senso.
Spengo la TV e torno alle mie faccende domestiche, forte di queste nuove conoscenze. Ogni casalinga acculturata che si rispetti dovrebbe infatti conoscere a menadito tutti i particolari della fauna del Gabon.

giovedì 14 gennaio 2010

Incontri

Vado all'incontro di presentazione del nuovo psicologo della scuola. Parla, fa domande. A un certo punto dice:- La rassegnazione è qualcosa di troppo etico per fare parte del mio modo di pensare.
La rassegnazione è una brutta parola, certo. E l'accettazione?
Subito parto con uno dei miei trip mentali: che differenza c'è tra rassegnazione e accettazione? L'accettazione è più creativa? E' basata sulla consapevolezza e quindi è una forma di libertà? Sarò posseduta dal calo di glicemia dovuto al salto del pasto?
Ora lo psicologo sta parlando di stereotipie e mi ricordo che al mattino sono salita in auto e ho interrogato le strofe della prima canzone che usciva dalla radio per trovarci qualche messaggio positivo. Peggio che leggere l'oroscopo, e sì che la colazione non la salto.
E salutare tutti i gatti per nome prima di uscire? E infilare la mano in tasca per stringere nel palmo il topo di peluche che fa da portachiavi? Saranno stereotipie e pure gravi? O antiansia veniali?
In questi giorni ho in mente L'eleganza del Riccio e allora mi viene da pensare che, anche se siamo adulti, dobbiamo prenderci cura continuamente del fragile assemblaggio sbilenco della nosta identità e lo facciamo come meglio possiamo, riuscendoci sempre e solo in parte. O, almeno, a me capita così.

mercoledì 6 gennaio 2010

Pensieri dell'anno nuovo

Il 2010 sarà fatto di giorni che ne seguiranno altri secondo la cadenza monotona del calendario. Coltiviamo i nostri sogni migliori, ma anche la capacità di apprezzare il tepore buono del consueto, senza pretendere di andare sempre al massimo. Non facciamoci mai abbattere dalla fatica di dover fare aggiustamenti in tutto (niente resta a posto per sempre). Accettiamo di fare giornalmente i conti con residui di sofferenze, timori, vuoti; si nascondono spesso in qualche angolo di noi stessi, ma non importa, sappiamo che fanno parte del nostro essere vivi dentro il tempo che usiamo per camminare attraverso il mondo.

lunedì 4 gennaio 2010

Per te


Apro la borsa che uso per andare a scuola e trovo un bigliettino. Devo averlo infilato lì un po’ di corsa il 23 dicembre, raccogliendo le mie cose dalla cattedra; avevo fretta di andare in vacanza. E’ un foglio piegato a metà, in uno stampatello un po’ stortino c’è scritto: PER CRISTINA, e subito sotto: PER TE. Dentro c’è un piccolo disegno fatto col pennarello verde. Il biglietto è di Matteo. Mi colpisce la sottolineatura “per te”, parole che hanno sapore di esclusiva. Altro che sms fotocopia inviati urbi et orbi.
Non mi sono ancora abituata alla capacità che hanno i bambini di regalare parole speciali. Non mi sono ancora abituata ai loro slanci veri. Non mi sono ancora abituata, per fortuna.

venerdì 1 gennaio 2010

Incontri

Alda Merini l’ho incontrata sulla carta, una manciata di anni fa. La sua grandezza stava compressa in un librino, gradito regalo di non compleanno fatto da una zia allergica alle ricorrenze. Versi da consumare con gli occhi che mi calzano addosso in tante occasioni. I poeti fanno così, danno un nome alle nostre emozioni.
I libri di Alda Merini li tengo in cucina, i bei versi e certi romanzi si possono leggere anche mentre si cuoce la pasta. Le pagine che hanno gli odori buoni della cucina sono per me le migliori.
Ieri sera sono uscita di casa e una folata mi ha portato dietro gli occhi uno dei versi che preferisco “Nessuno mi pettina bene come il vento”. Forse in quel vento c’è la leggerezza della piccola ape furibonda, caduta dentro stelle veloci d’altri tempi. Libera. Non più inquieta come quando la legavano allo spazio.
L’intensità dei poeti è immune ai trapassi.