mercoledì 2 febbraio 2011

Pietro

Pietro. Un nome.
Mi è mancato sai? Mi è mancato proprio il suono delle lettere che lo compongono.
Perché è così che va nella vita: un giorno Pietro c'è e non hai nemmeno bisogno di chiamarlo, e di punto in bianco sei lì a fare i conti con la nebbia che l'ha inghiottito. Una composizione di sei lettere che non fa più parte delle tue giornate. Ti svegli la mattina e devi fare i conti con questo nome da accantonare, un nome che era sguardo, voce, presenza, e all'improvviso evoca il vuoto e i conti non tornano più.
E intanto finisci in una classe nuova a fare l'appello e il numero sette è Pietro. Alzi gli occhi e lo fissi, Pietro. Hai davanti un anno intero per chiamare di nuovo questo nome.
Ti sorride una bocca di denti piccoli sotto un naso a punta, in una testa di capelli ribelli che stanno dritti senza gel.
Pietro: presente. Un Pietro presente che ti riporta a un Pietro assente.
E chissà, se facessi leggere queste righe a qualcuno, potrebbe forse ritenerle autobiografiche, e invece no. Non ho mai amato nessun uomo di nome Pietro. Mai avuto nemmeno un amico con questo nome. Nemmeno un Enrico, un Osvaldo, un Simone. E magari domani riscriverò la storia e al posto di Pietro metterò Antonio, Luigi oppure Francesco.