giovedì 14 gennaio 2010

Incontri

Vado all'incontro di presentazione del nuovo psicologo della scuola. Parla, fa domande. A un certo punto dice:- La rassegnazione è qualcosa di troppo etico per fare parte del mio modo di pensare.
La rassegnazione è una brutta parola, certo. E l'accettazione?
Subito parto con uno dei miei trip mentali: che differenza c'è tra rassegnazione e accettazione? L'accettazione è più creativa? E' basata sulla consapevolezza e quindi è una forma di libertà? Sarò posseduta dal calo di glicemia dovuto al salto del pasto?
Ora lo psicologo sta parlando di stereotipie e mi ricordo che al mattino sono salita in auto e ho interrogato le strofe della prima canzone che usciva dalla radio per trovarci qualche messaggio positivo. Peggio che leggere l'oroscopo, e sì che la colazione non la salto.
E salutare tutti i gatti per nome prima di uscire? E infilare la mano in tasca per stringere nel palmo il topo di peluche che fa da portachiavi? Saranno stereotipie e pure gravi? O antiansia veniali?
In questi giorni ho in mente L'eleganza del Riccio e allora mi viene da pensare che, anche se siamo adulti, dobbiamo prenderci cura continuamente del fragile assemblaggio sbilenco della nosta identità e lo facciamo come meglio possiamo, riuscendoci sempre e solo in parte. O, almeno, a me capita così.

mercoledì 6 gennaio 2010

Pensieri dell'anno nuovo

Il 2010 sarà fatto di giorni che ne seguiranno altri secondo la cadenza monotona del calendario. Coltiviamo i nostri sogni migliori, ma anche la capacità di apprezzare il tepore buono del consueto, senza pretendere di andare sempre al massimo. Non facciamoci mai abbattere dalla fatica di dover fare aggiustamenti in tutto (niente resta a posto per sempre). Accettiamo di fare giornalmente i conti con residui di sofferenze, timori, vuoti; si nascondono spesso in qualche angolo di noi stessi, ma non importa, sappiamo che fanno parte del nostro essere vivi dentro il tempo che usiamo per camminare attraverso il mondo.

lunedì 4 gennaio 2010

Per te


Apro la borsa che uso per andare a scuola e trovo un bigliettino. Devo averlo infilato lì un po’ di corsa il 23 dicembre, raccogliendo le mie cose dalla cattedra; avevo fretta di andare in vacanza. E’ un foglio piegato a metà, in uno stampatello un po’ stortino c’è scritto: PER CRISTINA, e subito sotto: PER TE. Dentro c’è un piccolo disegno fatto col pennarello verde. Il biglietto è di Matteo. Mi colpisce la sottolineatura “per te”, parole che hanno sapore di esclusiva. Altro che sms fotocopia inviati urbi et orbi.
Non mi sono ancora abituata alla capacità che hanno i bambini di regalare parole speciali. Non mi sono ancora abituata ai loro slanci veri. Non mi sono ancora abituata, per fortuna.

venerdì 1 gennaio 2010

Incontri

Alda Merini l’ho incontrata sulla carta, una manciata di anni fa. La sua grandezza stava compressa in un librino, gradito regalo di non compleanno fatto da una zia allergica alle ricorrenze. Versi da consumare con gli occhi che mi calzano addosso in tante occasioni. I poeti fanno così, danno un nome alle nostre emozioni.
I libri di Alda Merini li tengo in cucina, i bei versi e certi romanzi si possono leggere anche mentre si cuoce la pasta. Le pagine che hanno gli odori buoni della cucina sono per me le migliori.
Ieri sera sono uscita di casa e una folata mi ha portato dietro gli occhi uno dei versi che preferisco “Nessuno mi pettina bene come il vento”. Forse in quel vento c’è la leggerezza della piccola ape furibonda, caduta dentro stelle veloci d’altri tempi. Libera. Non più inquieta come quando la legavano allo spazio.
L’intensità dei poeti è immune ai trapassi.